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La caccia ai trampolieri sul prato
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Novembre è il migliore periodo per esercitare la caccia ai
trampolieri: non vedevo l’ora di andare con il mio amico di
Caserta a pavoncelle, una caccia tradizionale delle “Terre
di Lavoro” piena di fascino e oramai pesantemente minata dalle
regolamentazioni ed ancora di più dall’evoluzione (ma sarebbe
meglio dire involuzione) delle tradizioni agricole della zona.
A peggiorare la situazione si sono aggiunte anche le stranezze
climatiche degli ultimi anni.
Per la caccia ai trampolieri da fischio, ma oramai è cacciabile
solo la pavoncella, sono indispensabili tre cose: una vasta distesa
pianeggiante, un nascondiglio perfetto e logicamente la pavoncella
viva a leva: le “zivotte”, così come le chiamiamo nel casertano.
Purtroppo ad oggi (4-1-2007) l’Ordinanza del Ministero della
Salute del 18 ottobre 2005 ancora ne vieta l’utilizzo come misura
di prevenzione per l’influenza aviaria.
Per impostare una cacciata alle pavoncelle si comincia qualche
giorno prima.
Infatti per questo tipo di caccia è molto importante la fase preparatoria:
se gli uccelli ci sono e non si spara è perché si è sbagliato qualcosa,
magari proprio nella scelta del posto. Ci vuole una perfetta conoscenza
del territorio.
Le pavoncelle frequentano di anno in anno più o meno sempre le stesse
zone, a meno di cambiamenti ambientali notevoli. Eventualmente occorre
una attenta perlustrazione del territorio per trovare il luogo dove gli
uccelli stazionano, perché fare scendere un branco di pavoncelle in un
posto dove non vogliono calare è assolutamente impossibile.
Il posto che è stato prescelto dopo un’attenta analisi è un incolto
semi-allagato dalle abbondanti piogge con a fianco un campo di granturco
che il contadino non è riuscito a raccogliere a causa del terreno troppo
molle.
Anche se il campo è un po’ “stretto” ci avevamo visto calate le pavoncelle,
quindi sicuramente gradito.
Arrivammo sul posto un’oretta prima dell’alba, la strada da fare non era molta
ma il terreno era così molle che se non ci si muoveva velocemente potevamo
affondare fino ai polpacci.
Il campo di granturco si trova a monte dell’incolto, il problema però è che
tirava un forte libeccio proprio in faccia a dove volevamo fare il capanno.
In ogni caso questa volta la realizzazione era abbastanza agevole, ci si
doveva semplicemente sistemare ai bordi del granturco dalla parte dell’incolto
e rinfoltire con qualche stelo in più la parte davanti.
Gli stampi sono stati disposti in due gruppi abbastanza radi, il tutto rigorosamente
a buio per dare meno fastidio agli uccelli eventualmente posati, con lo spazio
al centro “la buttata” nel quale gli uccelli dovrebbero posarsi: il condizionale
a caccia è d’obbligo!
La pavoncella a leva è stata posizionata sopravvento al gioco, in maniera tale
da restare sempre in contatto con gli uccelli.
A questo punto ci si nasconde nel capanno, dove non si dovrebbe mai andare in
più di due persone, le pavoncelle sono uccelli estremamente sospettosi e praticamente
sempre nei loro ampi giri prima di posarsi sorvolano il capanno, in quei momenti
basta un movimento brusco e va tutto a monte, quindi è meglio essere il numero
minimo di attori, uno che aziona lo zimbello ed uno che segue gli uccelli e fischia.
Si fa giorno senza vedere nulla, il vento teso di mare potrebbe averle fatte
spostare, così fino alle 10 e mezza abbiamo visto solo storni e gabbiani.
Poi in lontananza avvistiamo la classica sagoma di uno stormo di pavoncelle,
controllo col binocolo e sono una cinquantina.
Il mio compagno aziona la pavoncella a leva mentre io continuo a seguirle col
binocolo per controllarne le reazioni.
E’ incredibile da quanto lontano riescano a vedere lo zimbello, andare a
pavoncelle senza è quasi come uscire senza fucile.
Dopo un paio di “zimbellate” vengono verso di noi.
Ora comincia la fase più critica, basta un movimento brusco dello zimbello per
far compromettere la calata.
Con il vento in faccia inoltre avrebbero sicuramente sorvolato l’appostamento.
Ed infatti così accadde, le pavoncelle fecero un largo giro e passarono sull’appostamento
bassissime, rasente il granturco proprio a causa del forte vento, una praticamente se
mi fossi alzato mi avrebbe sfiorato la testa.
Per fortuna eravamo praticamente invisibili, vestiti color stelo di granturco e coi
passamontagna, in ogni caso in questi momenti faccia bassa ed assoluta immobilità.
Girarono di mezzo fianco e fanno per sorvolare gli stampi, invece superano il gioco
facendo un secondo giro veloci e basse ma distanti, riprendono il vento di mezzo fianco
sinistro e si posano tutte sparpagliate una decina di metri oltre gli ultimi stampi.
La tendenza delle pavoncelle, ma soprattutto dei pivieri, è sempre di posarsi al
centro del campo per ovvie ragioni difensive.
Quando c’è vento forte poi tendono a posarsi velocemente, specialmente se è un posto
in cui pasturano.
Una volta posate bisogna tirare subito senza esitazione, e quando c’è vento teso appena
si alzano tendono subito a ricompattarsi dando quindi modo di mettere a segno più pallini.
Alla fine della giornata si è sempre distrutti per la faticaccia fatta in quelle
“sabbie mobili”, generalmente tutti sporchi di fango e rincoglioniti dal vento, ma
si è sempre felici come una Pasqua.
[gm]
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