La Storia e le tradizioni della caccia agli uccelli acquatici
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La Tela alle Folaghe
La tela alle folaghe rientra tra le tradizionali attività di caccia che venivano effettuate nei grandi specchi d'acqua lacustri fino agli anni '60.
Queste imponenti cacciate con centinaia di partecipanti erano attese tutto l'anno dai vari paesi e comunità che si affacciavano su questi grandi laghi.
Burano, Orbetello, Massaciuccoli, Bracciano, sono i nomi di quei paesi che piu' hanno praticato questa affascianante attività venatoria.

La tela alle folaghe veniva comunque effettuata gia' nell'800 ed a conferma ci sono diverse raffigurazione di questo tipo di caccia come quella dell'immagine seguente, acquistata in calabria da un rigattiere.
Da questa immagine si puo' vedere come il metodo di caccia sia molto simile a quello delle ultime tele effettuate nei laghi del centro Italia.
Un particolare curioso: oltre alle barche ci sono anche uomini in acqua che spingono gli uccelli verso alcune reti basse nascoste nella vegetazione.

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Fino agli '60 le tele alle folaghe erano diffusissime ed i quotidiani dell'epoca parlavano spesso di questi eventi.
In particolare emerge da questi scritti come l'avvenimento fosse particolarmente sentito, ed enormi erano le aspettative e le speranze per una ottima cacciata "attesa" anche, e soprattutto, dai non cacciatori.

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Erano gli stessi sindaci e autorità pubbliche che diramavano la comunicazione della tela affinche l'organizzazione prendesse contatti con tutti i possibili partecipanti.
E si, perche' il "bottino" di queste grandi cacciate era fonte di carne per parecchie strutture pubbliche come ospedali, mense e orfanotrofi, come quelle organizzate in particolare nella Laguna di Orbetello.
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Tela alla folaga al Lago di Bracciano


Anche le principali riviste venatorie erano molto attente su questo tipo di avvenimenti, pubblicando periodicamente articoli e resoconti delle cacciate scritti dai giornalisti e cacciatori piu' in voga e conosciuti dell'epoca.
Riportiamo alcune copertine di Diana degli anni '40 e '60 ed un bel pezzo sulla Tela alle Folaghe nel Lago di Burano a firma del grande Eugenio Niccolini.

Scarica l'articolo di Eugenio Niccolini


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In campo culinario la folaga era, ed e' ancora, particolarmente apprezzata.
Il famosissimo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi fornisce la seguente:

Ricetta n. 275 - Folaghe in umido
Clicca per ingrandire la foto La folaga (Fulica Atra) si potrebbe chiamare uccello pesce, visto che la Chiesa permette di cibarsene ne’ giorni magri senza infrangere il precetto. La sua patria sono i paesi temperati e caldi dell’Europa e dell’Africa settentrionale, e come uccello anche migratorio viaggia di notte. Abita i paduli e i laghi, è nuotatore, nutrendosi di piante acquatiche, d’insetti e di piccoli molluschi. Due sole specie trovansi in Europa. Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in branchi numerosissimi il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. È assai cognita quella con barchetti, chiamata la tela, nelle vicinanze di Pisa sul lago di Massaciuccoli, di proprietà del marchese Ginori-Lisci, che ha luogo diverse volte nell’autunno inoltrato e nell’inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero parte con cento barche cacciatori di ogni parte d’Italia, furono abbattute circa seimila folaghe; così riferiscono i giornali.

La carne della folaga è nera e di poco sapore, e pel selvatico che contiene bisogna, in cucina, trattarla così: Prendiamo, ad esempio (come ho fatto io), quattro folaghe e dopo averle pelate e strinate alla fiamma per tor via la gran caluggine che hanno, vuotatele e lavatele bene.

Dopo trapassatele per la lunghezza del corpo con uno spiedo infuocato, poi tagliatele in quattro parti gettando via la testa, le zampe e le punte delle ali ; indi tenetele in infusione nell’aceto per un’ora e dopo lavatele diverse volte nell’acqua fresca. Dei fegatini non me ne sono servito; ma le cipolle, che sono grosse e muscolose come quelle della gallina,dopo averle vuotate, lavate e tagliate in quattro pezzi, le ho messe pure nell’infusione.

Ora, fate un battuto, tritato fine, con una grossa cipolla e tutti gli odori in proporzione, cioè sedano, carota e prezzemolo, e mettetelo al fuoco con grammi 80 di burro, e nello stesso tempo le folaghe e i ventrigli con- dendole con sale, pepe, e odore di spezie. Quando saranno asciutte bagnatele con sugo di pomodoro e conserva sciolta in acqua abbondante per cuocerle e perché vi resti molto intinto. Cotte che siano,passate il sugo e in questo unite un petto e mezzo di folaga, tritato fine e altri grammi 40 di burro, per condire con esso e con parmigiano tre uova di pappardelle o grammi 500 di strisce, che, pel loro gusto particolare, saranno lodate. Le folaghe, con alquanto del loro intinto, servitele dopo come piatto di companatico che non saranno da disprezzarsi.
Tutta questa roba credo potrà bastare per cinque o sei persone.
Ho inteso dire che si ottiene anche un discreto brodo cuocendole a lesso con due salsicce in corpo.



Come al solito poi c'e' sempre chi fa il "furbo"...come ha fatto il nostro Andrea Ceri:

Clicca per ingrandire la foto Con la scusa di fare una ricerca sulla folaga a 360°, oltre a reperire documenti storici ho voluto coinvolgere alcuni amici e provare realmente la ricetta dell’Artusi della folaga in umido.
Diciamo che è stata una scusa per far bisboccia tra amici, e l’idea è piaciuta molto agli invitati.
Abbiamo accettato immediatamente l’ospitalità di Lisa, la titolare del ristorante di Travalle di Calenzano, la quale ci ha dato anche la disponibilità della cucina e sotto la supervisione di suo zio Alessandro, detto l’Omone, che molti amici di Anatidi.it hanno conosciuto con me al Game Faire 2008.

Rimboccate le maniche abbiamo cominciato a cucinare le folaghe e in cucina è avvenuto di tutto:
scherzi, sfottò, ma anche tanto serio impegno da parte di tutti.
Abbiamo cominciato con un brodetto sulla folaga (dovete sapere che dopo la tela a Orbetello era usanza donare all’ospedale locale una buona parte delle folaghe, con le quali veniva cucinato il brodetto e dato ai degenti, definendolo miracoloso).
Poi siamo passati al piatto principale abbinandoci anche una stupenda polenta.
E da bere...un fiume di vino, da far impallidire l’Arno in occasione dell’alluvione del’66.
La rassegna delle grappe per finire.

Credetemi è stata molto duro cucinare e soprattutto mangiare per Voi. Per fortuna eravamo vicini a casa.
Un grande ringraziamento a:
Lisa (www.ristoranteditravalle.it) per l’ospitalità,
agli invitati per essersi fidati dei cuochi,
agli amici di Anatidi.it che inconsciamente ci hanno fornito la scusa per far bisboccia!




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