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Sabato 8 marzo di Pietro Iacobelli
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Era di sabato, un "maledetto" sabato 8 marzo festa della donna! Avevo una ventina di anni ed una compagna a quel tempo,
devota al festeggiamento, ed io, che a quel tempo ero fin troppo astuto ed insolente, mi dichiarai febbricitante dalla sera
prima.
All'ora di pranzo dell'8 una ultima telefonata "festeggiamo un altro giorno, ti prego, non mi sento bene" le dicevo al telefono,
"ti ho preso un regalino che ti piacera' di sicuro, ma vediamoci domani per favore, ora mi rimetto a letto fino a domani"
Alle 15 mio padre rientro' e senza neanche mangiare si mise subito a preparare le borse, i fucili, i thermos, gli stivali e le
cerate: era esattamente lo stesso identico tempo mollo e sciroccoso come questa sera.
Arrivammo al fiume poco dopo il tramonto e raccogliemmo subito le novita' di quella settimana che in sostanza non davano che
noiose e sconfortanti notizie, ancora poche le marzaiole e pochissimi trampolieri, ma si sa che a marzo era meglio sentirsi
dire “ fino ad oggi non c'era nulla" piuttosto che sapere "ieri sono entrate"!
La calma su' nel cielo si dichiarava al mondo cullando le nuvole chiare, nuvole che avevano lo stesso respiro abulico dell'aria
e la foce nel totale buio ne rispettava la sua essenza lasciando che il mare si riposasse in un silenzio fatto solo e soltanto di
profumi che la palude si preoccupava di tenere svegli.
Di li' a poco, attorno alla tavola di don Antonio si preparava la cena che come tutti i sabati prevedeva pasta e fagioli con origano,
e poi la salsiccia fatta con le cotiche ed altre parti poco nobili (ma il sapore era straordinario), ogni bicchiere di vino bevuto
portava il buonumore sempre piu' in alto fino al sopraggiungere del peggiore dei caffe' mai dimenticato.
Attorno al camino le ultime sigarette si consumarono assieme a certi ricordi rimasti impressi sotto a quel faro che il mare negli
anni aveva inghiottito con la famelica voracita' di un predatore mai sazio, quei famosi undici fischioni sparati ad ali aperte sugli
stampi ma non da mio padre e peppe ma da un "cacciatore" che aveva strisciato incurante sulla sabbia fino alle loro spalle,
quel codone che si porto' appresso in quella sua esile e magnifica siluette i colpi di almeno una decina di fucili automatici
senza mai cadere e di quella volta che Tom si era allontanato per tornare poi con una germana in bocca, ricordi che rivivevano
nel tepore dato dalla legna fumante che il fiume regalava ogni anno e per quanto a volte si potessero riraccontare quei
ricordi era sempre come sentirli per la prima volta.
Alle 22 si era a letto!
Intanto il tempo continuava ad essere insolente anche lui, sembrava che non dovesse accadere nulla del nulla piu' scontato.
Verso le 3.30 sento sparare in lontananza .e mentre cerco di fare pace con il mio mal di testa post esagerazione etilica,
sento altri spari: Peppe, Peppeee, Pa', svegliatevi stanno sparando! Mestamente Peppe accende la luce e non con molta
convinzione esclamo' "Vabbe' alziamoci".
Nulla era piu' infinito di quel tempo che impiegavano Peppe e mio padre ogni volta per alzarsi e vestirsi.
Nulla!
"Ue' ue', ma veramente stanno sparando" disse Peppe mentre si infilava i calzerotti.
A quel punto l'atmosfera divento' tutt'altra cosa, vestirsi fu un attimo e via a scendere in cucina per mettersi gli stivali
vicino al camino ancora tiepido, passando da fuori, dove ci si liberava delle proprie scorie liquide. All'aria aperta in un
contesto di liberta' assoluta come era quel posto, senza una luce che ti spiasse, senza una anima che potesse provare fastidio,
senza la preoccupazione di centrare un centro, ognuno in un posticino li' fuori nel mezzo di un conforto antico come un amico che
non ti fa sentire né la colpa e né la vergogna di un gesto maschio ma non per questo volgare: pisciare!
Solo il buio avrebbe visto, il buio ed il cielo chiaro di nuvole annoiate, i profumi della foce, la solita vecchia civetta ed il
canto delle marzaiole.
Le marzaiole???? Sono passate cantando!!!! Erano marzaiole!!!! Perfino i due eucalipti anziani erano sobbalzati al passaggio del
loro canto, era ormai certezza, qualcosa stava entrando dal mare!
Stivali e caffe', zaino con cartucce (queste si, queste no troppo piombo) i fucili, cerate per la pioggia sottile ma pur sempre
pioggia e.... andiamo!
Sul fiume il nostro appostamento ci aspettava con la sua porta aperta e mentre chi faceva una cosa e chi un'altra, tempo un quarto
d'ora ed arrivo' una marzaiola negli stampi! Erano passate da poco le 4.00!
Ogni quarto d'ora piu' o meno arrivava una marzaiola, tutte solitarie, quasi tutti maschi e tutti con le piume del petto
"arrugginite" dalla salinita' di quell'immenso lago africano da dove erano partite. Una sola femmina canto', canto' per minuti
e minuti nell'oscurita' del fiume senza mai avvicinarsi. Noi a sparare e lei si zittiva per poi subito riprendere il canto.
In quelle tre ore notturne che precedevano la luce furono abbattute una ventina di marzaiole quanto i tuffi che Bianca fece per
recuperarle fino a che Venere si era preoccupata di apparire nella sua posa migliore, e mentre ci deliziava illuminandosi con la
sua sensualita', il primo barlume del nuovo giorno appariva flebile verso est ed in quel preciso istante il mare di colpo torno'
noioso e flaccido senza alcuna voglia di darci un ulteriore segnale di vita ritornando ad essere padrone assoluto del silenzio
che a sua volta come ogni mattino riprese il largo a sudovest verso Ventotene.
Tutto era nuovamente fermo mentre andava animandosi di luce tenue, solo il profumo di terra palustre era rimasto fedele al
tempo.
Solo lui
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