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Un sogno che si realizza di Lorenzo Frassanito
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Quella passato e' stato il mio primo anno di porto d'armi dopo circa otto anni di
apprendistato con il mio papa'.
Era venerdi' 10 gennaio 2014, come tutte le sere ero seduto sulla mia poltrona mentre
mio padre sistemava il tutto per il sabato in palude, ed io essendo uno studente il sabato dovevo andare a scuola e guardavo stizzito il mio papa' pensando tra me e me "mo vedi che domani che e' solo gli si presenteranno gli acquatici in tesa".
Con questo pensiero mi recai al mio letto borbottando e andai a dormire.
Il mattino dopo pronto per andare a scuola chiamo mio padre che mi dice "non e' venuto niente,
ora resto un po' e poi vado via".
Tra me e me pensavo: "meglio cosi' vorra' dire che ci verranno domani quando nel capanno ci saro' anche io".
Durante tutta la giornata scolastica avevo un unico pensiero: volevo sapere l'esito della cacciata.
Suona la campanella e vado a casa. Appena arrivato vedo che mio padre mi guarda in un modo che io
conosco benissimo: in quel momento do un'occhiata sul tavolo del mio orto dove mio padre e'
solito riporre la selvaggina per farla vedere a me, e noto tre alzavole due maschi e una femmina.
Le sensazioni provate in quel momento sono molto difficili da descrivere, un misto di rabbia e felicita'
che mi fece passare anche la fame. Ora avevo un unico pensiero: recarmi in palude la domenica per cercare
di pareggiare il conto.
Arriva la sera ed io come accadeva sempre ripongo il mio vestiario sulla sedia accanto al camino per trovarlo
caldo la mattina per cercare di combattere un gennaio particolarmente freddo.
Guardo mio padre e gli do la buonanotte. Era lui che mi chiamava ogni mattina ma quella mattina non c'e' ne
fu' bisogno la sveglia suono' alle quattro e mezzo ma io alle quattro ero gia' vestito e seduto in poltrona
ad aspettarlo.
Quella mattina avevo una strana sensazione, ci scambiammo pochissime parole caricammo tutto in macchina e
partimmo.
Dopo una mezza oretta di strada arrivammo al luogo a noi tanto caro. Da quel momento non si doveva piu'
parlare, almeno cosi' mi aveva insegnato mio padre. Mi caricai il sacco con le stampe in spalla e nell'altra
avevo il mio Raffaello 121.
Arrivati in palude ognuno aveva i suoi compiti, io mi occupavo della disposizione degli stampi e mio padre
sistemava il capanno rovinato dal vento.
Quando tutto fu pronto caricammo i fucili e ci sedemmo gomito a gomito come sempre. Ognuno di noi sapeva
quale parte di cielo guardare. Mancava ancora troppo all'alba di una giornata ventosa e con il cielo che
non prometteva niente di buono.
In quei momenti il sonno prese il sopravvento quando tutto ad un tratto un battito d'ali mi sveglio'.
Mio padre mi disse "sono alzavole non ti muovere". Fecero una decina di giri ma sempre fuori tiro e poi
niente piu'. Ormai il giorno era venuto e io pensai che nemmeno questo fosse il giorno del mio primo
appuntamento con la mia prima anatra.
Ma i miei pensieri furono disturbati da due alzavole che vennero dalla mia sinistra e aprirono il
carrello per adagiarsi tra gli stampi, mio padre in quel momento mi fece un cenno e mi alzai,
sparai con il cuore in gola ne cadde solo una all'altra ci penso' mio padre con un tiro fuori
dal realistico.
Andai a recuperarla e mio padre si complimento' con me. Gli diedi il fucile perche' mi
sedetti a guardarla per circa dieci minuti.
Che fantastica cosa la caccia!
Io l'ho capito soprattutto grazie a mio padre che e' stato il mio maestro da quando avevo dieci anni.
Dopo quei momenti indimenticabili raccogliemmo tutto e andammo via.
Ma la consapevolezza che saremmo tornati mi rendeva felice, ancora io e mio padre a
vivere e gustare un'altra volta il sorgere del sole.
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