I racconti dei cacciatori di acquatici
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La caccia di valle di Gianluigi Bocchi
Questo racconto e' tratto dal libro "E inizia il sogno" di Gianluigi Bocchi pubblicato tra le offerte in esclusiva per Anatidi.it.
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La caccia di valle è una disciplina difficilissima da apprendere in tutte le sue sfumature e la nostra vita è troppo breve per impararne ogni segreto.
Da ragazzo, il mio fucile era pesante come un macigno e rincorrere con il mirino gli uccelli acquatici che andavano come schegge rappresentava per me un serio problema. Poi, col passare del tempo, il mio automatico divenne leggero come un fuscello, il tiro alle anatre naturale, i carnieri abbondanti. La gente comune era invidiosa e diceva che ero solo fortunato. Non ci facevo caso. Può succedere che durante una giornata, un mese o in via eccezionale nell’arco di una stagione venatoria, un cacciatore sia più fortunato di altri, ma nel tempo faranno la differenza il talento, la perseveranza, l’abilità, l’intuito, l’esperienza.
Vi capiterà di avere a che fare con uccelli sopravvissuti a tutte le insidie perpetrate dai cacciatori, battuti fin dall’alba buia, laureati alla scuola di sopravvivenza con centodieci e lode. Non lasciate nulla al caso.
Incominciate a mettervi nella testa delle anatre; curate al massimo la mimetizzazione, fino a dipingervi il viso come un marine in assetto di guerra; allenate e addestrate sistematicamente i vostri volantini; date sempre spazio a nuove invenzioni e accorgimenti degni del miglior Leonardo da Vinci; lavorate sodo, convinti che i risultati verranno; rimanete a caccia fino all’ultimo secondo dell’ultimo minuto, continuando a immaginare un branco di anatre in viaggio verso il vostro gioco. Potranno passare settimane intere di calma piatta. Non fatevi prendere dallo sconforto e fate in modo che la fiamma della speranza rimanga sempre viva in voi. Un bel giorno poi, come avete sempre sognato, mentre i vostri concorrenti si staranno crogiolando nel caldo del letto, le anatre si risveglieranno come dopo un incantesimo e incominceranno a riempire il cielo.

È stata la mia smisurata passione per la caccia, per cui tutto il resto mi pareva insignificante, la molla che mi ha fatto migliorare e superare i momenti venatori difficili.
Sì, perché la valle è come un’amante, un anno ti regala giornate indimenticabili e l’anno dopo ti tradisce.
La caccia palustre da appostamento, all’unanimità considerata la più bella e gratificante fra tutte le cacce agli acquatici, sfrutta l’istinto gregario delle anatre. Storicamente nasce nelle Valli Venete, ottima scuola per il cacciatore, ma le Valli di Comacchio rappresentano l’università della caccia ai palmipedi.
I motivi sono i più disparati: si tratta di una valle bianca che non offre punti di riferimento per cui è difficile valutare le distanze; la varietà delle specie interessate richiede esperienza e abilità; per raggiungere i posti al largo, distanti fino a sei chilometri dalla riva, guadagnarsi con una regata notturna i capanni posti sui dossi, recuperare le anatre ferite e affrontare le insidie atmosferiche, occorre forza, coraggio, resistenza e allenamento; il lavoro per la sistemazione del sito deve essere incessante e meticoloso; il gioco degli stampi micidiale; i richiami vivi eccellenti; la vista ottima; la capacità di discernere gli uccelli creduloni da quelli diffidenti, sicura; la scelta del momento in cui sparare, perfetta; la costanza, la concentrazione e l’ottimismo, indispensabili.
Il sapere tirare bene è solo l’ultimo anello di una lunga catena.

La caccia di valle è affascinante in tutte le stagioni dell’anno.
L’estate, che a dispetto del calendario oramai si protrae fino a ottobre inoltrato, ci proietta nell’annata venatoria, regalandoci giornate solitamente splendide in cui il sole è l’incontrastato padrone del cielo.

Per i cacciatori, l’apertura è un momento di gioia atteso per più di sette mesi.
La temperatura è gradevole, per cui possiamo indossare abiti leggeri che non ci limitano nei movimenti e nell’imbracciatura del fucile. Alcune notti, le scie luminose formate dai remi nell’acqua fosforescente ci accompagnano per tutto il tragitto verso la tina.
Attenzione a uno stormo di Alzavole, le anatre più abituali in questa stagione! Accompagniamo con lo sguardo i loro continui sali e scendi, le virate agili e precise, i frequenti cambi di direzione e di velocità fino al momento in cui giungono a tiro.
E dopo le prime fucilate le inseguiamo con il mirino mentre s’inerpicano nel cielo turchino.

Arriva l’autunno con la sua dolce malinconia, con la sua tenue luce che fatica a fare breccia tra la foschia e le nuvole. È il momento più favorevole al passo. Mentre ci avviciniamo alla botte, canta una femmina di Germano, s’invola dall’acqua un branchetto di uccelli, belano le Folaghe nel cielo scuro. Allo spuntar dell’alba, le nostre anatre da richiamo iniziano a tradire con i loro versi le proprie consimili, s’intravedono le prime ombre alate e gli spari rompono il silenzio della valle.
Durante il giorno le anatre e gli altri uccelli di passo, mossi da una frenesia insolita, attraversano il cielo in perfette formazioni.
Le pavoncelle, dotate di ali sproporzionate, ondeggiano nel cielo color piombo.
Un piviere dorato piange oltre la nuvolaglia nebbiosa; trasvolano i branchetti di allodole e di storni; i Fischioni pettegoli riempiono il cielo con i loro versi cadenzati.
Alcuni cedono alle lusinghe dei richiami dei cacciatori, altri proseguono nel loro viaggio prestabilito, arrotando la loro erre e fischiando: “Rrr fìuu rrr fìu…”
Ammaliati dal nostro gioco di stampi, due Mestoloni scendono in picchiata.
Partono due fucilate che li fanno cadere inermi sulla superficie dell’acqua, mentre una lieve scia di piume si disperde nell’aria.

Giunge l’inverno. Il sole è fiacco, quasi incantato, sbiadito come la luna, il cielo offuscato.
A volte le nuvole sembrano una coltre di neve, a volte il gelo e la bruma trasformano la valle e i canali in un paesaggio fiabesco.
Al primo fruscio di remiganti, sgraniamo gli occhi per individuare le prede; al canto di un richiamo, il nostro cuore prende a battere più velocemente e cominciamo a contorcere il collo in tutte le direzioni. La nebbia, accompagnata dalla bonaccia, ci fa perdere il senso della profondità e delle dimensioni. Una piuma o un bossolo di cartuccia sospesi sulla superficie della valle ci sembrano un’anatra, un branchetto di tuffetti posati nell’acqua può farci sussultare.
Ma ecco spuntare come dal nulla, a pelo di nebbia, alcune sagome più grandi che nuotano verso di noi! È uno dei momenti più esaltanti della caccia. “Li hai visti?”, domandi al tuo socio, buttandogli una mano sulla spalla. I selvatici si fermano, tentennano, studiano la situazione, riprendono a vogare verso il nostro gioco. Ora li distinguiamo perfettamente: sono Germani Reali che, incuriositi dal canto dei nostri richiami vivi, pagano a caro prezzo la loro curiosità.

E siamo alla primavera. Il sole non ci mette molto a bere il velo della nebbia mattutina; le nuvole cominciano a sfilacciarsi e squarci via via più ampi di sereno prendono posto nel cielo che diventa sempre più azzurro; un leggero vento di scirocco rende l’aria tersa; i lunghi tramonti risollevano gli animi scacciando il mesto ricordo dell’inverno.

Stridono i gabbiani nell’aria quasi a volere dare il benvenuto alla vita che rinasce.
Le anatre fanno sfoggio di abiti scintillanti. Nei giorni di passo la valle pullula di selvaggina, Fischioni Canapiglie Alzavole Moriglioni Morette Marzaiole.
Alcune Canapiglie, cinque maschi e una femmina, sbucano dal nulla con le zampe penzoloni e si adagiano appena fuori dal gioco.
Gli uccelli che ci giungono a tiro posandosi nell’acqua ci garantiscono che siamo sistemati alla perfezione. Dopo le prime fucilate sparate a fermo, le anatre schizzano dall’acqua come petardi.
È il momento di mettere in mostra le nostre doti di esperti tiratori.

L’alba ha un fascino irresistibile.
In montagna, il sole invernale nascosto dalle vette più alte fatica a illuminare la vallata, poi i suoi raggi cominciano a illuminare le cime innevate, a indorarle di luce, a trasformarle in bianchi specchi scintillanti.
Nei fitti boschi, fragranti di muffa e intrisi di umidità, i raggi più forti del sole riescono piano piano a fare breccia nell’intricata vegetazione, rischiarano i fusti degli alberi e l’acqua dei ruscelli, illuminano il dorso degli animali.

In campagna, il sole sorto all’orizzonte ravviva la scacchiera delle sue distese, le minuscole gocce di rugiada si trasformano in preziose perle, la selvaggina si sveglia scrollandosi la guazza della notte, si schiudono le corolle dei fiori, la vita riprende.

Ma l’alba più bella e seducente è quella che possiamo ammirare in valle.
Albe sospirate, mai uguali, albe tinte di rosa.
Albe rosso-fuoco, l’acqua della valle un magma in movimento, il cielo e la terra agli albori della loro vita. Albe sferzate dal vento, albe color piombo, albe gelide che riscaldano il cuore.
Inchiodati sugli sgabelli delle nostre botti e dei nostri capanni come tanti spettatori seduti in platea, aspettiamo con ansia un’altra alba meravigliosa. Ecco, si alza il sipario….
Le ultime stelle brillano nel cielo come frammenti di quarzo, il silenzio della valle ci aiuta a concentrarci per scorgere evanescenti sagome. Pian piano, l’aurora tinge di ghiaccio l’orizzonte, poi i colori si fanno più tenui, più caldi. Infine, irrompe sulla scena come grande protagonista il sole, che illumina la valle, gli occhi degli spettatori, le acrobazie degli uccelli. E inizia il sogno.

Sta per giungere un volo di anatre! Con sincronismo perfetto fanno il coppo. È il momento più emozionante della caccia.
Il respiro si blocca e balbettiamo: “Hai visto hai visto, vengono vengono…” Mentre i selvatici prendono vento, controllando ogni loro mossa, afferriamo il fucile, pronti per sparare, consapevoli che ogni errore sarà irreversibile. Entriamo in un’altra dimensione, Il cuore si mette al galoppo, l’adrenalina scorre a fiumi.
Il sogno è qui, in questi attimi, in queste frazioni di tempo che resteranno scolpite nell'anima, nell'attesa che nascano altre albe, altre emozioni, altri sogni.


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