I racconti dei cacciatori di acquatici
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Da solo in palude di Patrizio Abboni
A volte mi capita di cacciare da solo in palude.
E’ bello arrivare nei luoghi prescelti per la battuta di caccia col cuore in tumulto temendo che i posti migliori siano già occupati.
Poi provo un piacere profondo quando mi accorgo di essere solo.
Premetto che mi piace moltissimo cacciare in compagnia perché insieme ad un amico puoi compiacerti di una bella stoccata, puoi assaporare meglio i piaceri della caccia.
Da solo invece diventi quasi come... Dio: uno e trino!
Sei, nello stesso momento, attore , regista e spettatore di quel meraviglioso mondo palustre...
...Posteggiata l’automobile, mi incammino nella notte con passo sicuro e, lasciata la strada asfaltata, mi immergo nel buio della palude carico di stampi, fucile, cartucce e richiami.
Anche se il freddo è intenso, arrivo al capanno sempre accaldato.
Appoggio con cura il fucile e mi dedico alla posa degli stampi.

Di solito questo compito spetta a Walter perché ha più esperienza di me in questo tipo di caccia, ma oggi sono solo e la responsabilità è tutta mia.
Puntigliosamente sistemo le anatre di plastica nel modo che ritengo migliore.
Le osservo da lontano, modifico la posizione di quelle che non mi sembrano messe in modo naturale.
Finalmente mi accomodo nel capanno meravigliandomi di quanto spazio ci sia a disposizione di una sola persona.
Carico con cura il fucile cosciente del fatto che oggi non posso permettermi di sbagliare.
Sono solo: se sbaglio, il selvatico ha vinto!

Seduto comodamente con l’arma a portata di mano, resto in trepida attesa degli eventi.
E’ notte fonda mancano almeno un paio d’ore all’alba.
Quando l’anatra arriva e si posa delicatamente tra gli stampi resto quasi meravigliato perché si è messa proprio dove avevo previsto!
Sparo tranquillamente e mi alzo alla svelta per recuperarla.
Continuo a cacciare scrutando con ansia a destra e a sinistra, davanti e dietro di me.
Certo in due è più semplice avvistare i selvatici: quattro occhi vedono meglio di due!
Appena albeggia un branchetto di alzavole sorvola il capanno ad ali accoppate per prendere vento.
Resisto alla tentazione di sparare subito e decido di aspettare che giochino nel chiaro.
Ripassano di nuovo e si stringono di più mentre calano sugli stampi.
Non resisto più.

Scarico la mia tensione sparando rabbiosamente a casaccio nel branco.
Ne vedo cadere una sola.
Le altre sorvolano il capanno ad una altezza di una decina di metri ma il mio fucile è ormai desolatamente scarico...
Ricarico eccitato ed incazzato per la maledetta fretta con cui ho sparato da vero novellino.
Esco dal capanno per recuperare quella abbattuta.
Quante ne avrei prese se avessi mantenuto la calma?
Arrivato nel punto di caduta che avevo fissato, resto meravigliato nel trovarne invece due.
Ormai è giorno e la rabbia è un po’ sbollita.
E’ ora di andare a lavorare.
Raccolgo gli stampi e tutte le mie cose.
Sistemo le alzavole abbattute nel sacco degli stampi e mi avvio alla macchina.
Penso a Walter lontano.
Non riesco proprio ad immaginare questa caccia senza di lui.


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