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Emozioni ritrovate di Stefano Landoni
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Forse non l’avevo mai ammesso a me stesso, ma con un po’ di onestà
me lo sarei dovuto riconoscere: “E’ troppo tempo che non la fai più
seriamente, che ti dedichi ad altro, convinciti: sei un ex-cacciatore di
anatre!”
Questa verità non poteva essere mascherata nemmeno dai germani
che mi capita di uccidere, sempre più spesso, aspettandoli lungo
i canali o gironzolando per le risaie; no, quella non è la Caccia alle
anatre. Ma non avevo alternative: un terrore mediatico mi ha impedito di
praticare la caccia da appostamento con i richiami vivi e da allora, fiaccato
dagli insuccessi, mi sono piano piano allontanato dal capanno sul Lago di
Varese, che per quasi 15 anni è stato l’unico mio ambiente venatorio.
Ho cacciato altro, è vero, mi sono sempre divertito, ma una sensazione di
incompletezza mi ha accompagnato in questi ultimi anni, non sono mai riuscito
a superare gli effetti del morso del “vampiro” della valle, come l’ho
sentito definire efficacemente da un caro amico.
Nel frattempo è nata l’amicizia con Alessandro, un’amicizia prima virtuale,
attraverso Internet, poi, col tempo, sempre più reale: ritrovi, raduni, cacciate
e lui che lancia un’idea: “Perché non ti iscrivi a Orbetello?”.
Allettato più dall’occasione di cacciare in un contesto nuovo che dalla reale
possibilità di fare chissà quali carnieri, faccio le dovute richieste ed ottengo
il tesserino speciale per la Laguna.
Mi tocca in sorte la botte n. 2 al 14 ottobre 2007 e Alessandro mi accompagna
di diritto. Il mio trasferimento inizia il sabato pomeriggio, raggiungo la casa
dei miei al mare nei pressi di Sarzana e domenica mattina mi sveglio alle
2.00 per essere puntuale all’appuntamento alle 5.30.
Credevo di essere più emozionato, ma il pensiero fisso mentre scendevo l’Aurelia
era solo se ne valesse la pena di fare tutta quella strada. La risposta la so,
ma equivale a riconoscere la mia follia.
Raggiungo Sandro con 10 minuti di anticipo, saluti e si parte.
Il trasferimento a piedi e la preparazione del gioco mi mettono subito di buon
umore, sto respirando un’atmosfera che mi mancava.
I chiarori dell’alba mi mettono agitazione, ma ci coglie il giorno senza particolari
emozioni. In seguito manchiamo due occasioni, una per troppa fretta, una per troppa
attesa.
Che figura da pivelli! Eppure me lo dovevo aspettare, non sono più reattivo come
quando facevo solo appostamento, ho perso l’occhio, le distanze, i tempi: mi sono
arrugginito, insomma!
Sono tremendamente deluso e mortificato per avere coinvolto anche Sandro, ma il suo
incredibile ottimismo mi tiene a galla.
Però il sole si alza e le speranze diminuiscono. Sono passate le nove e mezza e l’unica
anatra che decide ancora di avvicinarsi va a morire nella botte a fianco. Mentre il collega
è fuori a raccogliere il germano, vediamo entrare da mare una dozzina di anatre, ci
puntano, “Poca miseria, c’è quello fuori dalla botte!”, invece vengono, “Sandro, vengono!”,
sono quasi nel gioco, si dividono in due gruppi e poi si riuniscono ondeggiando sugli stampi
come solo i codoni sanno fare.
“Dai!” Ne cadono due e un terzo perde quota davanti a noi; parto come un treno,
non l’avrei lasciato lì nemmeno se avessi dovuto tuffarmi.
Lo raggiungo dopo una stivalata di mezzo chilometro e lo trovo già morto,
con la testa riversa sulla schiena. E’ un grosso maschio in abito eclissale, che emozione!
Mi sto rendendo conto di ciò che è successo, lo prendo per il becco e lo lascio scivolare
dolcemente sull’acqua senza sollevarlo.
Raggiungo un Sandro raggiante, ma io non ero da meno: “C’hai un soriso da ‘na recchia
all’artra!” mi dice.
Rientro nella botte, ricompongo il terzetto di prede e mentre le guardo ripenso all’azione
precedente, sempre troppo veloce da lasciare senza fiato. “Sà.. se tiravo meglio potevano
essere quattro..”.
Sandro è fin troppo comprensivo e mi dice che non sono mai contento.
Un po’ per volta l’adrenalina scende e ripenso più volte a ciò che abbiamo appena
vissuto e mi rendo conto che era proprio ciò che mi mancava, ciò di cui il mio sangue,
irrimediabilmente compromesso dal morso del “vampiro”, aveva bisogno. Ho ritrovato le
emozioni che avevo perduto. Ho un groppo alla gola e se non fosse stato per l’imbarazzante
presenza di Sandro, probabilmente sarebbe scesa qualche lacrima.
E anche ora che ve lo racconto, mi assale una forte emozione.
Mi perdoneranno i vecchi lupi di valle che leggeranno queste righe, ma per qualche giorno
non penserò più di essere un ex-cacciatore di anatre.
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