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L’aspetto di Stefano Cattani
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Il libro di agronomia è aperto sul tavolo, mentre
lo sguardo scorre distratto sulle pagine percepisco
sulla nuca gli ultimi raggi di sole che allungano le ombre
degli oggetti. Il pensiero corre alla cava, la luce
si allunga sui canneti nascondendo il volo dei beccaccini,
alzo lo sguardo verso la finestra nuvole veloci stanno
velando il cielo anticipando il crepuscolo di qualche
minuto.
Infilo gli stivali sistemati sulle scale da mia madre e
velocemente apro l’armadio dove mia padre custodisce
la carabina calibro 28, prendo qualche cartuccia.
Rumori di stoviglie vengono dalla cucina, sono i preparativi
per la cena, scendo gli scalini cercando di non fare rumore,
mia madre finge di non vedere.
Inforco la vecchia bici i minuti scorrono veloci, la stradina
che porta alla cava e' piena di buche che mi fanno sobbalzare,
so che il levantino li ha portati fino qui.
E' il mio primo aspetto, il fucile è carico appoggiato al manubrio.
Improvvisa un’ombra, un frullo leggero dal fosso lascio
scivolare la bici imbraccio la carabina la punta di
un’ala saetta sulle ciocche d’ontano, un colpo solo un
ciuffo di piume rimane sospeso nell’aria. Corro cercando,
eccolo con la pancia in su, mani tremanti lo raccolgono
timorose che un fremito di vita residuo lo porti
via, lo stringo tra le dita: il mio primo beccaccino.
Vorrei continuare a vederlo in volo, sentire il secco "sgec"
con il quale mi ha sempre salutato, senza accorgermene ormai
è buio, lo ripongo nella tasca e torno verso casa apro la porta.
"Hai rimesso a posto" grida mia madre, come se il babbo non
sapesse. "Tieni mamma" mentre appoggio sul tavolo ancora caldo
il beccaccino; mi guarda in modo strano, mi arruffa
i capelli con le sue mani spesse e mi dice "che bel cacciatore".
Fuori comincia la pioggia, domani ci saranno
altri uccelli, forze anche i marzaioli, ma chissà perché sono
triste, e mentre salgo in camere una lacrima segna
la mia guancia, ora e per sempre per tutti gli uccelli di
padule che verranno.
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