I racconti dei cacciatori di acquatici
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Cani e Padule di Alfonso Lenzoni
  Un Puntino

Mi tiro su gli stivaloni e poi il bavero del giaccone; il cielo, monotono nel suo grigio, non si decide a rilasciare il suo carico di umidità, si accontenta di saturarne l’aria gelida; mi incammino mentre il cane si sgranchisce e viene a reclamare un po’ di affetto.

Esco dallo stradello, voglio fare quel pezzettino di acquitrino dove l’ultima volta mi è partito un beccaccino che a risposto ai miei inutili tentativi di fermarlo con un bacio canzonatorio di addio.
Non sono ancora entrato tra le cannelle, alzo gli occhi e vedo un puntino, si ingrandisce svelando la sua identità; scende veloce, sicuro alla pastura.

Affretto il passo perché il cane è gia nelle cannelle, il beccaccino invece è la, in quel angolo in cui le cannelle si diradano e una soffice erbetta bagnata da un dito d’acqua nasconde la pastura, al minimo rumore potrebbe partire e così succede.

Sono ancora lontano, non è arrabbiato, non si alza in cielo stizzoso, anzi frena e fa per buttarsi poco lontano, in quel attimo lo raggiunge la morte.

Il cane cerca quel pezzetto di padule venuto giù dal cielo, cannelle, falasco, torba e tutto il resto condensato in venti centimetri di vita.
Il cane me lo porge, lo guardo riassettandogli le piume, poi lo ripongo con cura come si fa con un dono gradito: un dono del padule.


Porciglioni

Attraverso la cancellata, sciolgo il cane e mi incammino per lo stradello, arrivo al ponticello e il cane, che conosce bene il posto salta il fossetto e mi sparisce dietro una striscia di cannellette.

Mi affretto, il più silenzioso possibile, mi affaccio su quella piccola distesa di erbe grasse, cannellette basse, scialaghi appena ricoperti da un filo d’acqua e cosa vedo: il cane fermo 15 metri dal punto dove è entrato.
Guida alcuni metri e poi un’acquatia* parte davanti al cane.
La metto in catana, ”o è culo o in questi quindici giorni ne sono entrate parecchie”: ne abbiamo fatte 11 più un acquatione** e non vi dico che spettacolo di ferme e di guidate in quel piccolo acquitrino che ora non c’è più.

Sono già sullo stradello e mi affretto alla macchina, mi volto e vedo il cane che sente vicino allo scolo dei campi allagato dalle recenti pioggie.
Rialzo gli stivali e mi metto dietro al cane, ferma, la coda comincia a muoversi segno che si è mosso, il cane riparte, rallenta si ferma di nuovo, e cosi per centro e forse più metri…una cosa spettacolare, poi una zona più scoperta, un volo disperato, un folletto dal becco corallo nella mia mano.

Fosso con cannelle alte, cani sul ciglio che cacciano di brutto, ho gia capito che è una di quelle laureate, immobile, fucile semi imbracciato guardo tra le cannelle nella speranza di vederla attraversare, un folletto si tuffa nelle canne della riva opposta, la sbuffata del piombo scuote le canne, il cane attraversa, accenna, sale il poggietto e riporta.

Che sia entrata dal mare con il levante di novembre, o che l’abbia spostata il gelo di dicembre, o che gennaio me la consegni capace di ogni astuzia, per me un’acquatia in catana resterà sempre una soddisfazione.

* Acquatia=Porciglione
** Acquatione=Gallinella d’acqua



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