I racconti dei cacciatori di acquatici
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  Pioggia, folate di vento spingono con forza le gocce contro i vetri esposti a maestrale mentre cala la sera, la mente in eterno contatto con la forte passione non può fare a meno di evocare gli incontri con i miti del cielo e dell'acqua e lo sguardo, verso i vetri bagnati, focalizza ben oltre gli sfumati orizzonti d'una sera d'inverno.

Cosa faccio domani? Il cuore sussulta al solo pensiero ed il tempo si ferma per riprendere a scorrere lento grazie all'attesa di un'alba diversa o grazie alla mente che viaggia veloce attraverso sogni, speranze e piani d'azione.
Ritualmente scendo in garage, preparo gli oggetti: gli stampi, la cerata, le cartucce, gli stivali, i richiami...

Come in un silenzio ovattato viaggio proiettato in un fascinoso domani sperando che contenga sorprese mentre una voce da sopra le scale mi chiama per la cena e mi dice: "ma hai visto che tempo? Mica esci pure domani?" senza fiatare sorrido al suo sguardo attonito, se solo sapesse, se solo immaginasse quanto forte è il richiamo forse non cadrebbe nella banalità di una così inutile domanda. Neanche fosse un secolo che non vado a caccia mi rigiro nel letto e il sonno che stenta ad arrivare lascia spazio ai pensieri: speriamo che non trovo la posta occupata, cercando mille motivi per essere il solo, domani, ad essersi arreso a quel fascino strano e tra voli planate e atterraggi tra i stampi sussulto al suonar della sveglia che azzittita, lascia spazio al rumore del vento e dell'acqua.

Fremo mentre veloce mi vesto aspettando il caffè, frugale lavata e via, un sorriso da dentro mi accompagna verso mille emozioni: l'odore dell'acqua, della terra bagnata, il rumore distante del mare in tempesta all'arrivo accrescono l'ansia anche se, non avendo visto altre macchine un senso di gioia per essere il primo ha calmato l'attesa. La posta nei pressi di un piccolo chiaro non lontano dal mare è protetta dal vento grazie ad un folto canneto al bordo del quale più o meno al centro delle canne nel senso della lunghezza è situata la posta fuori dall'acqua, alta una quarantina di centimetri per un paio di cento metri quadrati di grandezza.

Piazzo la mia ventina di stampi ai lati della posta a ridosso del canneto per lo più e metto in acqua i richiami, rassetto il capanno di canne e mi siedo sotto l'ombrello in attesa dell'alba, ero solo. Felice assaporo quella sigaretta studiando le probabili mosse di stole immaginarie, avrò piazzato bene gli stampi? Canteranno i richiami? La pioggia cominciava a farsi meno insistente quando verso est si iniziarono ad intravedere le nubi, chiuso l'ombrello carico il fucile ed entro in una sorta di trance dove non è difficile contare i battiti del cuore nelle orecchie. Quasi a fiato sospeso guardo i richiami: uno di loro alza la testa e canta, non si vede a più di trenta metri e già sono a rischio di infarto, il rumore del mare è forte e non consente di sentire il fruscio delle ali: staranno venendo? Quattro sagome come saette sorvolano la posta verso il mare senza darmi il tempo di fare nulla ma i richiami cantano ancora, speriamo! Speriamo! Speriamo!

Quando ormai pensavo che il cuore se ne voleva andare a spasso per conto suo le rivedo stagliate nel cielo tornare di traverso a un centinaio di metri da me, Alzavole! Rigido come un tronco d'albero tengo stretto il mio fucile col fiato sospeso quando ecco che bloccano le ali e iniziano a scendere come aerei in virata puntando la zona del chiaro davanti la posta. Scendono scendono, pensai tra me, come se avessero percepito i miei pensieri riprendono il vento e impennano al cielo.

NOOOO! Mi hanno visto ho pensato, invece dopo un giro con una leggera picchiata e risalita ecco, ribloccano le ali di fronte a me e puntano il chiaro planando come caccia che cercano l'atterraggio su una portaerei, sento il cuore scoppiare quando porto il fucile alla guancia uno due tre colpi anticipano il silenzio rotto dai tonfi nell'acqua delle due che, impennando al cielo dopo la prima rimasta sul colpo all'ammaraggio, si sono donate. Il sudore cola dalla fronte portandosi via l'adrenalina, i muscoli del viso si distendono in un grande sorriso accarezzato dal piacevole vento mentre entro nell'acqua per recuperare le prede, che osservo felice e ammirato divenute oramai immortali nei posti d'onore dei miei ricordi.

Soddisfatto accendo una sigaretta e ripeto tra me che ne è valsa la pena, vale sempre la pena. Per dieci volte sono venuto con il mio amico e a malapena abbiamo avvistato qualche uccello distante tanto da vederlo un puntino: certe cose succedono sempre se sei da solo, Uccelli! Un altro branco poco dentro dalla riva del mare volava veloce poco sopra le onde ho accennato il richiamo ma veloci tirano dritte verso il mitico nord.

Non fa niente, per oggi, va bene così.


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