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Marzo che non c‘e’ piu’ di Stefano De Vita
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Era la stagione di caccia 89/90, se non ricordo male l'ultimo anno che nella
mia regione il Lazio e del resto in tutta Italia, si poteva cacciare fino
al 10 marzo.
Per gli appassionati della caccia agli acquatici, caccia specialistica
praticata in tutte le sue forme: appostamento fisso, appostamento temporaneo,
in barca tra canali e canneti o spadulando con il cane, marzo significava
allora marzaiole e l'insieme di tutte le altre specie di anatidi come: i
germani, i codoni, i mestoloni, i fischioni le canapiglie, le alzavole,
le morette e i moriglioni. Per non parlare di tutti quegli uccelli definiti
volgarmente trampolieri che sono ascritti nelle grandi famiglie degli
scolopacidi e dei caradridi: beccaccini, frullini, pettegole, pittime,
chiurli, totani mori, pantane, pivieri e pavoncelle.
Scene di caccia e voli di uccelli che suscitavano emozioni, sensazioni ed
emozioni acquisite che rimarranno indelebili nei nostri ricordi e fissati
nel nostro patrimonio genetico di veri cacciatori.
La caccia in palude, in special modo nel periodo di marzo, ci regalava
emozioni ineguagliabili da suscitare quasi commozione. Era bello aspettare
quei dieci giorni che ci facevano sognare e passare notti insonni e, come
tutte le cacce specialistiche, necessitavano di preparazione. Era una pratica
venatoria per pochi eletti e veri conoscitori di quell'ambiente particolare
che e' la palude.
Bisognava conoscere gli uccelli e non solo le specie cacciabili, le loro
abitudini fenologiche, il loro comportamento, conoscere il terreno, le
tracce, le fatte e importantissimo interpretare in anticipo le variazioni
metereologiche. Infatti la presenza abbondante degli uccelli e' sempre legata
a particolari condizioni atmosferiche.
Mi piace ricordare questa bella stagione venatoria, per le belle giornate
trascorse in compagnia di mio padre che purtroppo mi ha lasciato dopo aver
lottato fino all'ultimo contro il male del secolo. Vorrei dedicargli queste
poche righe perche' era un uomo di grande qualita' che, ancor prima di essere
padre, sapeva essere amico, anzi un grande amico che mi ha insegnato ad amare
e rispettare la natura con la pratica e la conoscenza della caccia e della
pesca. Mi ha trasmesso il senso di rispetto: per i ritmi biologici, per la
vita e per gli uomini. Gli saro' sempre grato per quello che mi ha dato e
che ha segnato il corso della mia vita.
Erano giornate meravigliose, si poteva assaporare nell'aria la rinascita e
il rinnovarsi della vita, i profumi intensi primaverili e i colori che
sprigiona la palude, unici ed incomparabili. L'alba tinta di un intenso giallo
ora mentre l'aria, quasi ferma, intrisa dell'odore di mare portato dallo
scirocco, preannunciava una giornata umida e calda.
Mi trovavo a spadulare con la mia springer alla ricerca di uccelli d'acqua,
quando d'improvviso Stella avventa odore di selvatico. Ecco che l'atmosfera
quasi sospesa si rompe con l'immenso fragore delle ali di tre germani che si
innalzano a candela da un canneto posto ad una decina di metri dal cane che
aveva appena iniziato a forzare.
Mi trovavo ad una quindicina di metri dietro Stella e sparai staccandone uno.
Per fortuna in quel momento, grazie al suo intuito per la posizione, mio
padre si trovava in parallelo al cane dalla parte della spiaggia e cosi'
pote' tranquillamente incannare i due fuggitivi che tentavano di prendere
il mare con il vento in faccia, realizzando una magistrale coppiola.
Stella, grande ricuperatrice e riportatrice, non si fece pregare regalandosi
il piacere di assaporare la preda con un bel riporto. Potete immaginare la
felicita' e commozione per quel momento magico che la natura ci aveva donato.
La giornata si preannunciava propizia anche perche' con il sole gia' alto lo
scirocco si era fatto teso mentre il mare montava. Si prevedevano voli di
marzaiole. Ci dividemmo.
Con la mia springer iniziai a vagare tra giunchi carici e le code di
volpe allagate alla ricerca di beccaccini, mentre mio padre resto' sulla
spiaggia a ridosso di chiari creati dalle recenti pioggie. Gli incontri si
facevano frequenti ed era appassionante, come del resto lo e' tuttora, vedere
quello che sa fare uno springer specializzato nella caccia in ambiente
palustre. E' una vera macchina da combattimento che nulla tralascia e a cui
nulla sfugge: senza freno, ma con tanto cervello.
Mentre qua e la incernieravo qualche uccello d'acqua sentivo piu' volte il
magnum di mio padre tuonare i suoi tre colpi in rapida successione. Erano le
marzaiole che da mare curavano il chiaro e venivano giu' tese con il vento in
ala.
Provo ancora oggi una profonda emozione nel pensare che ci trovavamo negli
anni novanta dove la vita di tutti i giorni era un turbine di frenesia e i
ritmi del quotidiano erano scanditi dai mass-media.
In quella frazione di storia che e' un momento di caccia vissuta ci sembrava
di essere tornati indietro nel tempo, ai primi del novecento, come era la
maremma laziale dei nostri vecchi, ambiente ostile e bellissimo riservato
solo a pochi.
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