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Una giornata di caccia in Mexico di Fabio Felici
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Fin da quando ho saputo che sarei andato in Messico per lavoro, ho iniziato ad assaporare l’idea di poter
andare a caccia, mi sono attivato subito per trovare il contatto che mi avrebbe consentito di realizzare la mia idea.
Una volta arrivato a destinazione nello Stato di Sonora nel nord ovest del Messico, ho subito attivato alcune persone
con cui mi interfacciavo per lavoro, per organizzare la mia uscita venatoria. Rodrigo, il direttore del centro ricerche
del Cimmyt a Ciudad Obregon dopo aver telefonato al miglior club di Obregon, mi comunica che è prevista
l’organizzazione di una giornata per il 29 di febbraio alle anatre!
Il pomeriggio stesso mi reco presso il club Gabino’s outdoor per dare la mia adesione e per sentire come sono
organizzate le cose, come si svolge la giornata e soprattutto se si tratta di caccia tradizionale da capanno con
gli stampi. Il tutto è come speravo, lascio la mia adesione per il giorno 29 e prendo il telefono cellulare del
titolare per mettersi poi d’accordo sugli appuntamenti per l’uscita prefissata.
Ho passato la settimana più lunga della mia vita, il giorno fatidico non arrivava mai, fino a che finalmente ecco
che la sera prima mi ritrovo a prepararmi le poche cose che mi sono portato da casa: la sacra giacca con il logo
Anatidi.it, la felpa di pail mimetica, i pantaloni da caccia e i miei scarponi, dato che mi è stato assicurato che
gli stivali erano del tutto inutili. L’appuntamento è alle 3,30 presso il club, già avevo prenotato il taxi per le
3 a casa mia, mi suona e mi avvio senza un minuto di sonno sulle spalle, perché l’emozione non mi ha consentito di
dormire. In 5 minuti sono al club, in netto anticipo rispetto agli altri che mi dicono essere 3 Americani e 3 Messicani.
Dopo pochi minuti di attesa arrivano i messicani, con i quali mi ritrovo subito a chiacchierare per fare la loro conoscenza
ed entro immediatamente in sintonia con loro, tanto che dopo aver conosciuto gli altri (da loro chiamati “gringos”)
non mi consentono di fare altro che aggregarmi a loro nella loro macchina per fare quei 90 Km che ci separavano dal
luogo di caccia.
Riesco a schiacciare 20 minuti di pisolino e quando stiamo per arrivare entriamo in una coltre di foschia e leggera
nebbia, che dava a quella giornata ulteriore fascino agli ambienti che noi frequentiamo cacciando in palude. Sembravo
un bimbo all’entrata del paese dei balocchi, giungiamo finalmente al luogo dell’appuntamento coi barcaioli in mezzo al
nulla in un buio pesto completo, coi fari delle macchine in manovra per parcheggiare si illuminano le lance che ci
avrebbero portato ai capanni, erano lance ad elica e tutto era predisposto: il nome sui foderi dei fucili e sulle
valigette delle munizioni, comprese le cuffie per il rumore del motore! Tra me e me penso che dopo un giretto nella
palude con quelle lance, di anatre non se ne sentirà neanche la puzza, comunque saliamo sulla lancia, e uno dei gringos
era seduto vicino a me, gli altri due dietro e i messicani erano sull’altra lancia. Speravo vivamente di non essere
appioppato a uno di loro per condividere il capanno e infatti dopo 10 minuti di navigazione arriviamo al primo capanno
in mezzo a 2 chiari dove il barcaiolo mi dice di scendere e che sarei stato da solo!!!!
Mai avrei sperato tanto, mi consegna la valigetta delle cartucce che ne conteneva 5 pacchi da 25 e il fucile Beretta
Urika in composito nero che per quel giorno sarebbe stato il mio unico compagno d’avventura. La stampata era composta
tutta da codoni, avevo qualche stampo nel chiaro davanti non più di 4-5 e qualcuno nel chiaro dietro 7-8. Il capanno se
così lo devo proprio chiamare non era il massimo, composto di rami di piante verdi e non proprio esageratamente coprente,
comunque aveva la pedana in legno e una seggiolina girevole, la base della quale era un frigo contenente birre acqua
coca cola e qualche cosa da mangiare. Dopo neanche 20 secondi che la barca si è allontanata comincio a sentire in volo
le anatre e il rumore dei tuffi nell’acqua sia nel chiaro davanti che in quello dietro, erano le 6,10. Incredibile era
una cosa continua: alcune arrivavano e nel frattempo altre si alzavano mentre altre passavano sibilanti sopra al capanno e
il tutto ancora avvolto nel buio che precedeva l’alba, estraggo il fucile dal fodero e carico, entrano 4 cartucce.
Mentre pensavo a tranquillizzarmi per non cadere nella frenesia, cominciava a schiarire e un ambiente meraviglioso
andava man mano a svelarsi immerso nella foschia, tutto intorno avevo vegetazione palustre mischiata a zone con arbusteti
e alberi più alti, le anatre stavano ovunque e comunque decido di non essere il primo a sparare, concedo l’onore ai
gringos che in realtà non si fanno attendere molto lasciando la prima scarica di quella che sarebbe stata per me una
giornata indimenticabile.
Prendo in mano il fucile dicendomi che non sparerò se non in volo, e avevo i chiari pieni. Ecco che ne arrivano due
incoppate, erano greenwinds, una scarta di lato alzo il fucile e lascio cadere con una sola fucilata la mia prima preda.
Ero sbigottito, non credevo nella mia vita di poter vedere lo spettacolo che mi circondava: anatre dappertutto, e da tutte
le direzioni. Nella prima mezz’ora la maggior parte delle anatre che arrivavano erano appunto le greenwind, le sorelle
americane delle nostre alzavole e io, sperando di incarnierare qualche codone non ho sparato a tutte quelle che mi sono
venute a tiro, dopo poco comunque decido di abbandonarmi e una coppia di mestoloni mi punta dritta, avevo il vento alle
spalle e giunte a 20 metri mi alzo e realizzo la coppiola, dopo è stato un continuo: alcuni codoni, fischioni americani,
germani, bluewing mestoloni e poi ancora le greenwind, ogni 20 minuti mezz’ora veniva la lancia, raccoglieva e andavano
via a raccogliere per gli altri capanni.
Ad un certo punto dopo aver abbattuto una femmina di black mallard e dopo che la foschia si era un poco diradata, si andava
rivelando una palude meravigliosa, sembrava essere tornati indietro nel tempo di qualche secolo, uccelli di tutti i tipi la
sorvolavano a differenti altezze e la sensazione era di non toccare terra coi piedi. Le fucilate si erano fatte più rade,
arriva la lancia e il barcaiolo mi comunica che la sessione della mattina terminava lì, faccio il bilancio dei miei capi e
della cartucce sparate: avevo 50 anatre in barca una decina smarrite in palude e avevo sparato 95 cartucce, guardo l’orologio,
erano le 9,40.
Salgo in barca ripercorrendo gli incredibili momenti di quelle poche ore e dello spettacolo di cui stavo per una volta,
facendo parte, felice di essere uno degli attori principali anziché spettatore come da sempre succedeva. Mentre venivano
le greenwind avevi in alto i codoni che chiamavano, stole di limicoli che lambivano la mia testa mentre accucciato
aspettavo il momento buono per lasciare le fucilate alle anatre, avocette posate negli stampi mentre chiurli in branco
passavano a pochi metri dal capanno per sparire nella foschia o dietro la vegetazione che delimitava i miei chiari. Avrei
potuto sparare molto di più ma mi sono semplicemente gustato anche le scene delle anatre che arrivavano, a volte veloci
incoppando tardi, oppure più lente incoppate da tempo per scegliere meglio il punto di calata.
Ero veramente felice: una cosa del genere la sognavo fin da piccolo quando arrivava a inizio mese la rivista “caccia e
pesca” alla quale mio padre era abbonato. Quando vedevo in copertina le foto delle anatre in palude sfogliavo di corsa
il giornale per arrivare agli articoli sugli anatidi o ai racconti di caccia in palude. Molte volte il pensiero è andato
ai miei amici Paolo e Sandro, compagni di caccia, cosa non avrei dato per averli con me per condividere quella meraviglia
con loro! E mentre rientravamo per andare a mangiare e fare poi la siesta sulla spiaggia inevitabilmente il mio pensiero
si è rivolto agli amici della lista, alcuni dei quali hanno avuto la fortuna di vivere esperienze analoghe. All’attracco
delle barche mi rivedo con tutti gli altri e con mia sorpresa la mattina ho lasciato il segno, uno dei gringos si
complimenta con me per come ho sparato e i messicani che non mi vedevano perché avevano il capanno da tutt’altra parte
ai resoconti si meravigliano, loro in tre hanno raccolto 36 anatre, i gringos in due 34 e l’altro da solo 29!
Vedendo il carniere complessivo ho avuto per un momento un piccolo tuffo al cuore, decido che mi basta così e comunico
all’organizzatore che non faccio la sessione pomeridiana perché già le aspettative erano state abbondantemente superate.
Dopo le foto di rito via tutti in macchina per raggiungere poco distante il luogo dove avremmo pranzato e ci saremmo riposati
prima di tornare a cacciare nel pomeriggio. Durante il pranzo i racconti si sono susseguiti e a dire il vero con i messicani
ho legato proprio, sono gente sempre scherzosa e mi sono divertito molto a prenderci a sfottò per tutto il pranzo
bevendo birre a tutto spiano seguite poi da qualche ottima tequila.
Verso il termine del pranzo luculliano, Alejandro, uno dei messicani mi dice che non era possibile che non tornavo
a cacciare e comincia insieme agli altri due, a dirmi che il posto per il pomeriggio era molto bello, che avremmo tirato
specie differenti rispetto alla mattina e, in ultimo, la parola chiave che mi ha fatto recedere sulla mia decisione,
avremmo avuto, nella laguna grande, la probabilità di incontrare le oche.
A questo punto li fermo, dicendo che per nulla al mondo sarei rimasto a guardare e che mi aggregavo anch’io alla sessione
pomeridiana. La scelta è stata ottima perché i messicani avevano ragione, primo non è che capita tutti i giorni di poter
cacciare in ambienti così esageratamente belli e poi, per una volta nella vita che sto dalla parte giusta della visuale,
voglio gustarmela fino alla fine.
Dopo aver schiacciato un pisolino sulle brande in spiaggia, ci ricomponiamo, riorganizziamo le macchine e ci avviamo
verso l’imbarco dove le lance ci attendevano per accompagnarci ai capanni pomeridiani. Lo spettacolo che avevo davanti
era meraviglioso, abbiamo navigato 20 minuti in una sorta di grande fiume con anse infinite e con un numero incredibile
di specie di uccelli diverse che si involavano o che già in volo passavano in cerca di approdi tranquilli, tanti i
limicoli e i trampolieri così come gabbiani, pellicani, gli immancabili cormorani e anatre di tutti i tipi. Avevo un
sorriso stampato, misto di incredulità e felicità per quei momenti che avrei riportato con me nei miei ricordi preferiti.
Ad un certo punto, il fiume si apre e ci si presenta uno spettacolo stupendo, una enorme laguna salmastra composta di una
laguna grande e di molteplici zone fangose miste a chiari di differente grandezza, nel cielo stole di uccelli di tutti i
tipi componevano strisciate nere, avevo il magone dalla felicità.
Arriviamo al mio capanno situato tra la laguna grande e il mare e stava lungo quella che definirei la continuazione del
fiume. Posto appena nell’acqua con una zona fangosa dietro e il “canale” davanti di circa 200 mt di larghezza,
una lingua di terra con vegetazione mista separava il tutto dall’Oceano Pacifico. Il capanno era del tutto simile
a quello della mattina, preparo il fucile, lo appoggio ai rami del capanno e comincio a gustarmi la situazione,
osservo a 360° e comincio a mettere a fuoco i primi branchi di anatre che arrivavano dal mare: canvasback, red head
bluewing, codoni morette.
La maggior parte arrivavano molto alte, mentre osservo un branco in entrata, a circa 100 mt di altezza, sento chiamare
i codoni, mi volto e ne vedo arrivare 2 incoppati che puntavano i miei stampi, arrivate quasi al momento di lasciare le
fucilate uno dei due scarta e se ne va mentre l’altro si dona in impennata contro vento: uno splendido maschio! Dopo
alcune fucilate lasciate a vuoto per la distanza non indifferente a cui avevo tirato, decido di non forzare per non
buttare le fucilate, infatti la pazienza ha pagato perché, finita l’entrata dal mare, le anatre hanno cominciato a
girare in laguna cercando le calate e quindi alcuni branchetti si offrivano a tiro, comunque le fucilate più belle
le ho tirate su coppie o su branchi da tre con diverse coppiole realizzate.
Decido di fermarmi al termine del secondo pacco di cartucce, nella speranza che prima che finiscano possa tirare anche
le oche. Spara il capanno dei gringos e vedo puntare verso di me una coppia di red head velocissimi, arrivati a una
trentina di metri scartano di lato al capanno alzo il fucile e realizzo una meravigliosa coppiola che seguo in caduta
fino sul fango che avevo dietro al capanno. Mentre mi rigiro per osservare in direzione della laguna da cui arrivavano
la maggior parte dei branchi, uno di morette scarta, picchia sul canale e, prendendo velocità raso acqua, guadagna
spazio verso il mio capanno, tiro alle prime due e le fermo con tre fucilate, la seconda è ferita si dirige verso la
riva opposta, tento il recupero senza successo ed è persa, così come un maschio di red head che subito dopo ho tirato
a candela, si è ammucchiato per aria ma dopo pochi secondi in acqua rialza la testa e si immerge ricomparendo una 40ina
di metri più giù, per poi sparire nella foschia sopra il canale.
I branchi si susseguivano più numerosi ma anche più diffidenti, comunque non mancavano certo le occasioni di tiro e
stavo sparando bene.
La laguna grande era piena di oche, c’erano momenti che si involavano in grossi branchi e che si vedevano a distanza
come lunghe strisce nere di centinaia di individui. Avevo conteggiato circa 34 abbattimenti quando inevitabilmente
arriva l’ultima carica del fucile al termine del secondo pacco. Lascio sfilare diversi branchetti di morette e red
head nella speranza di tirare alle oche, quando finalmente vedo affilarsi lungo il canale, un branco di circa 25
individui che poco sopra il pelo dell’acqua guadagnavano spazio verso di me.
Aspetto fino all’ultimo secondo utile e quando le ho davanti al capanno, ad una distanza di 25 mt mi alzo per lasciare
le fucilate: le prime due del branco scendono con la prima e, in impennata, senza farmi prendere dalla frenesia
realizzo la tripletta, tutte morte in acqua! E’ indescrivibile la sensazione di gioia che mi ha pervaso e, con un
grande sospiro, sotterro l’ascia di guerra poggiando al capanno il fucile per gustarmi lo spettacolo nel quale
ero immerso.
Purtroppo forzando alcuni tiri ho prodotto alcuni feriti che non ho potuto recuperare lasciando 8 anatre.
Dopo circa una mezz’ora di bird watching in quell’ambiente vastissimo e numerosi branchi di tutte le specie che ho
semplicemente osservato pur avendo altri tre pacchi di cartucce a disposizione, vedo in lontananza la lancia che recupera
nel capanno dopo il mio, a circa 400 mt distante, fa salire i gringos avviandosi verso di me. Arrivano recuperano le
anatre e le oche,ne avevo 30 in barca e 7 lasciate, faccio alcune foto sul posto e ripartiamo verso il ritorno.
Indosso le cuffie, mi accomodo nella lancia e si parte per raggiungere l’approdo che segnava la fine di quella giornata.
Silenziosamente ammiro fino all’ultimo secondo ogni anfratto, ogni ansetta ed ogni uccello che incontriamo rientrando,
nella speranza un giorno di poter riavere l’opportunità di cacciare in quei posti.
All’approdo arriviamo poco dopo i Messicani, che al mio arrivo mi vengono incontro con sorrisi sgargianti e, molto
soddisfatti delle molteplici fucilate tirate e delle molte prede collezionate nel pomeriggio, incalzandomi con domande
sulla mia avventura nella condivisione di sensazioni veramente forti. Mi abbandono ai racconti delle fucilate più belle,
delle coppiole e finalmente dell’arrivo delle oche, Alejandro mi abbraccia felice, complimentandosi e, ricevendo i miei
complimenti, ci rituffiamo nello scherzo, incalzandoci a vicenda e mettendo in mezzo anche gli altri.
E’ incredibile, sono dall’altra parte del mondo con persone che conosco da poche ore, condividendo profondamente
sensazioni con loro come con amici di vecchia data. Sono sempre piacevolmente meravigliato a queste constatazioni
e, dopo esserci rifocillati con delle birre gelate e qualche tortillas, mi metto d’accordo con il ragazzo del club
per farmi pulire le anatre, che avevo intenzione di cucinare ai compagni di lavoro, che chiaramente attendevano con
ansia di sapere se avevo avuto buoni risultati. Già, perché gli avevo promesso che se abbattevo un numero sufficiente
di anatre, avrei organizzato una fiesta cucinando pasta alla carbonara e petti d’anatra all’arancia il tutto annaffiato
da fiumi della loro tanto amata cerveza. Mi faccio preparare 30 petti d’anatra e tre me le porto a casa intere, per
eventuali amici che non sarebbero stati al pranzo, il resto rimangono al club a farsi gustare da nuovi ospiti per nuove
avventure di caccia o di pesca.
Ricevo i saluti affettuosi del barcaiolo con il quale avevo legato di più e in meno che non si dica mi ritrovo in
macchina verso la via del ritorno.
Con lo sguardo perso nei campi, i pensieri scorrevano a quelle ore meravigliose, da cui già stavo allontanandomi e
per le quali, mi stavo già prendendo un piccolo anticipo di nostalgia.
La gioia mi è tornata pensando ai cabrones che mi aspettavano per sapere se avrei organizzato la fiesta, non vedevo
l’ora di raccontargli la meravigliosa giornata passata a cacciare Patos come loro chiamano le nostre beneamate. Chissà
se avrò ancora occasione di cacciare in Messico.
E’ con questo pensiero che pieno di gioia, guardando il soffitto la sera, mi sono addormentato.
Inevitabile è arrivato il giorno della dipartita da questa meravigliosa terra, ricca di gente meravigliosa e di ambienti
sconfinati non ancora intaccati dall’uomo, ripercorro i momenti di tutto il mio viaggio, della gente che ho conosciuto,
dell’esperienza lavorativa e soprattutto della caccia.
Mentre decolla l’aereo, un nodo alla gola si stringe accompagnando il mio saluto, nella speranza che sia un
arrivederci.
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